Scoperta, all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dall’Università di Palermo l’utilità dell’Elio per la Terra

64
Advertisement

L`elio (He), il più leggero tra i gas nobili, può dare un importante contributo alla comprensione dei processi che controllano il trasferimento dei gas attraverso la crosta terrestre e può essere utile come strumento per investigare e monitorare le deformazioni delle rocce terrestri che, in alcuni casi, possono anche generare eventi sismici. Questi sono i risultati di uno studio multidisciplinare dal titolo “Continental degassing of helium in an active tectonic setting (northern Italy): the role of seismicity” condotto dall`Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dall’Università di Palermo, appena pubblicato sulla rivista internazionale “Scientific Reports” di Nature. “La produzione di elio radiogenico nella crosta terrestre (ossia quello prodotto dal decadimento naturale di uranio e torio) e la sua diffusione su scale temporali anche di milioni di anni può non essere il processo principale che regola il trasferimento di questo gas attraverso la crosta terrestre verso l’atmosfera”, affermano gli autori dello studio, coordinati da Antonio Caracausi, ricercatore dell`INGV. “Il trasporto di sostanze gassose attraverso la crosta terrestre, invece, può anche avere una componente episodica, determinata dalla deformazione di volumi rocciosi, cui può associarsi la sismicità”. I ricercatori hanno studiato le dinamiche che regolano questo fenomeno in aree continentali caratterizzate dalla presenza di terremoti, per capire se il degassamento attraverso la crosta terrestre fosse dominato solo da processi di diffusione su lunghe scale temporali o se fosse anche legato allo stato di deformazione e fratturazione delle rocce. “Abbiamo analizzato i gas rilasciati in atmosfera dai vulcani di fango che si trovano nelle località di Regnano e Nirano, in provincia di Modena”, prosegue Antonio Caracausi. “Si tratta di strutture geologiche la cui formazione è legata all`emissione di fango misto ad acqua salata e gas, tra i quali metano, anidride carbonica, azoto e elio. Oltre alla composizione chimica, presso i laboratori geochimici della Sezione di Palermo dell`INGV abbiamo analizzato anche la composizione isotopica delle specie del carbonio e dei gas nobili presenti. Successivamente, l’Università di Palermo ha elaborato i modelli 3D dei serbatoi gassosi presenti nella crosta al di sotto dei vulcani di fango e che ne alimentano l’attività, unitamente all`assetto geologico-strutturale dell`area”. In questo modo i ricercatori sono riusciti a stimare i volumi di gas contenuti nei serbatoi naturali.

Advertisement