Una “voce” a 41 anni dalla sua morte: Peppino Impastato.

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Peppino Impastato lo fecero a pezzi nella notte tra l´8 e il 9 maggio del 1978. Il suo corpo, adagiato sui binari della ferrovia di Cinisi, era stato imbottito di tritolo. E lui, inerme dalle violenze subite, probabilmente invocava ancora aiuto mentre chi decise di ucciderlo, lo fece ” brillare” inscenando una storia di omicidio/suicidio. Ucciso, da una montagna di merda, così come lui definiva la mafia. Doveva star zitto Peppino, giornalista irriverente che denunciava, investigava, senza paura, tanto da schernire anche chi poi fu il mandante della sua morte, Gaetano Badalamenti.  Impastato la conosceva bene la mafia, era nato in una famiglia di mafia (il marito di sua zia, Cesare Manzella, era il capo della famiglia mafiosa di Cinisi e suo padre, Luigi, era amico di Gaetano Badalamenti, al vertice di Cosa Nostra prima dell’arrivo dei Corleonesi). Era certamente una persona sofferente ma volitiva, capace di preferire la giustizia sociale e la lotta, ai legami di sangue. I suoi amici lo conoscevano bene e lo seguivano nella sua “missione” a Radio Aut, radio libera. La sua morte fu prima fatta passare per atto terroristico, dove l’ attentatore perse la vita, e poi per suicidio, fu la madre Felicia a lottare affinché il figlio non fosse ucciso due volte. Passatono 23 anni prima che Peppino Impastato divenisse vittima innocente di quella montagna di merda con la m maiuscola, quale la mafia, per dirla come la diceva lui.
Perché ricordare Peppino Impastato? Perché è il simbolo di chi non ci sta a restare inerme di fronte alle ingiustizie, del giornalista puro, che non si fa mettere il bavaglio, che esplicita la libertà di stampa senza alcuna restrizione. Un uomo che non si è fatto corteggiare dal potere pur avendocelo in casa, ma che si è esposto, lo ha combattuto, con ogni mezzo. Ricordiamo un uomo che a soli 30 anni ha perso la vita perché ha utilizzato un’arma che probabilmente è la più forte in assoluto: la verità. E facendo così è rimasto la spina nel fianco di tutti i mafiosi, perché come ha sottolineato il fratello Giovanni: ” Mettendolo a tacere, hanno amplificato la sua voce”.

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