#SENZAMUSICA – La protesta del comparto dello spettacolo passa all’azione sui social

L’appello degli artisti e degli addetti ai lavori è unanime: non lasciateci #senzamusica

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La ripartenza, dopo le tristi e difficili fasi di espansione dei contagi da COVID-19, dopo il lockdown e le prima timide concessioni, è ormai evidente. Sin dal 4 maggio, non con poca fatica e difficoltà la maggioranza delle attività produttive e dei comparti industriali hanno ripreso una certa routine.
Diversa, certamente, da quelle abitudini perpetrate fino ai primi di marzo ma, in ogni caso, possibile.
Una boccata d’aria per l’economia, per la psiche, per i contatti umani ritrovati.
Per molti ma non per tutti.

Il comparto che non riesce a riprendere è quello dello spettacolo.

Nessuna risposta chiara del governo che anzi, esclude gli emendamenti del decreto rilancio riguardanti il settore dalla discussione parlamentare.

E’ nato, per questo, un movimento spontaneo, composto dai musicisti e da quanti, tantissimi, attorno a loro vivono di musica: si tratta dei backliner, dei fonici, dei direttori di palco, dei tour manager, delle produzioni, dei comunicatori, tecnici, imprenditori, proprietari e gestori di locali e di una serie immensa di altre figure che ruotano attorno alla cultura dello spettacolo e della musica. Un coordinamento unitario che prende il nome di “La musica che gira”.

“Nessuno degli emendamenti al DL Rilancio che riguardano la Musica è stato segnalato per la discussione in Parlamento. Le istanze del nostro settore devono essere discusse e inserite per la conversione del Decreto.” – si legge sulla pagina ufficiale dell’associazione – “Chiediamo a gran voce che d’ora in avanti il Governo tenga conto delle reali esigenze di un settore che produce Cultura, contribuisce all’economia del paese e conta centinaia di migliaia di lavoratori che hanno diritto alla stessa dignità degli altri”.

E, in effetti, non hanno alcun torto. Come molti altri settori, quello della cultura influisce notevolmente sugli indicatori economici del nostro paese (circa il 16% del PIL) e per tale motivo deve essere trattato al pari degli altri settori e non essere inteso, come accennò il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in una conferenza stampa di qualche tempo fa al pari di “divertimento”.
La cultura, e quella musicale in primissimo luogo, è una grossa spinta al motore economico della nostra penisola.

La brusca frenata del settore ha ripercussione anche sui principi costituzionali di diritto al lavoro ed è l’occasione per scoperchiare un vaso già colmo di problematiche, tra lacune di leggi ad hoc e l’esclusione dal Fondo Unico dello Spettacolo.

Non lasciateci #senzamusica è il riassunto di quanto richiesto dalle associazioni del settore e da quanti, in prima persona, con la musica ci vivono. E con questo hashtag, si moltiplicano in queste ore, i post degli artisti che spingono per la discussione nelle aule parlamentari. Da Elisa a Brunori, da Piero Pelù ad Irene Grandi, da Jovanotti a Ermal Meta, dagli Afterhours di Manuel Agnelli a Levante e Diodato, una vera e propria campagna social per sensibilizzare l’opinione pubblica e il governo affinche queste voci e le loro proposte possano essere ascoltate e messe in atto.

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