Roma / Mamma va in carcere e porta al figlio droga e cellulari

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Si era presentata presso la Casa di reclusione di Rebibbia, a Roma, per sostenere un colloquio con il figlio detenuto, ma la Polizia Penitenziaria ha scoperto il suo tentativo di introdurre dello stupefacente e dei telefoni cellulari, perfettamente funzionanti e completi di carica-batteria.

A dare la notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo della Categoria, per voce del Segretario nazionale del Lazio Maurizio Somma che esprime “vivo apprezzamento per la sagacia e la professionalità dei poliziotti penitenziari in servizio nel carcere di Rebibbia, sempre in prima linea nel contrasto alle attività illecite ed alla diffusione di droga”.

Somma spiega che “due microcellulari e della sostanza stupefacente di tipo hashish sono stati rinvenuti dal personale di Polizia Penitenziaria addetto al reparto colloqui all’interno delle suole di un paio di scarpe da ginnastica, che una donna intendeva far arrivare al figlio detenuto. I telefonini, dotati di cavetto di ricarica, sono stati sequestrati e la donna deferita all’autorità giudiziaria per reati legati al possesso di stupefacenti e per il reato di introduzione in carcere di apparecchi cellulari, previsto dal nuovo decreto sicurezza.

Plauso del SAPPE al personale di polizia penitenziaria di Rebibbia per la sagacia, l’attenzione e la professionalità dimostrate. Sono oramai svariati i tentativi per occultare droga e telefonini e introdurli poi all’interno degli istituti penitenziari: ma il personale di polizia penitenziaria, pur senza l’ausilio di adeguati mezzi, è sempre più professionale nel rinvenimento di tutto ciò che non è legale e non è consentito introdurre nel carcere”.

Donato Capece, segretario generale del SAPPE, ricorda che nella Relazione annuale 2020 della Direzione centrale per i servizi antidroga (Dcsa), che traccia l’andamento del narcotraffico in Italia e, di conseguenza, descrive il consumo di sostanze illecite da parte degli italiani, è emerso che “continua, per il terzo anno consecutivo, il trend crescente delle morti per overdose che, con un ulteriore incremento pari a 37 unità raggiunge quota 373, con un aumento dell’11,01% rispetto all’anno 2018. In oltre la metà dei casi, la causa del decesso è da attribuire al consumo di oppiacei (169 casi all’eroina, 16 al metadone, 1 al fentanil, e 1 alla morfina). Dal 1973, anno in cui hanno avuto inizio le rilevazioni in Italia sugli esiti fatali per abuso di droga, sono complessivamente 25.780 i morti causati dal consumo di stupefacenti. L’andamento in atto è un fenomeno estremamente preoccupante, sul quale gli analisti e gli esperti delle diverse discipline dovranno continuare ad interrogarsi per individuare le cause e porre un argine non solo sul piano della repressione del traffico e dello spaccio”. 

Capece ricorda infine che “la Polizia Penitenziaria è quotidianamente impegnata nell’attività di contrasto alla introduzione di telefoni cellulari e alla diffusione della droga nei penitenziari per adulti e minori. Il numero elevato di tossicodipendenti richiama l’interesse degli spacciatori che tentano di trasformare la detenzione in business”.

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