La Riflessione – Quale inclusione? I bambini disabili sono invisibili

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Storie tristi, storie di discriminazione. Ancora una volta ad esserne vittima è un bambino disabile. Una gita scolastica impedita dalla “disattenzione” del maestro. Il bambino è rimasto tutto il giorno da solo in classe perché sembra che il maestro abbia dimenticato di dirlo alla madre. La notizia si commenta da sola. La cosa che fa tanta amarezza è invisibilità di questi bambini.
L’inclusione, l’integrazione, sono concetti molto usurpati. I maestri di sostegno, che s’intendono di sostegno alla classe, diventano veri e propri supplenti dei maestri di base e non più a supporto del bambino in difficoltà. I dirigenti che gestiscono ormai le scuole come se fossero “imprese” tendono a risparmiare utilizzando i maestri di sostegno come supplenti. Per non parlare poi del fatto che la maggior parte dei maestri di sostegno  non sono specializzati ma diventano tali solo per mancanza di risorse e perché hanno bisogno di acquisire punteggio per la futura cattedra, che ovviamente non sarà di sostegno. Tutto questo sulla pelle di questi bambini ,che si ritrovano più che un educatore e un formatore, un badante, se non proprio un vigilante.
Non nasce innata la propensione ad occuparsi di questi bambini, l’empatia con loro o ce l’hai o non te la puoi inventare. Non ci si può improvvisare, bisogna avere le metodologie giuste e una giusta dose di problem solving. Inoltre la cosa più importante è non vedere mai dinanzi gli ostacoli ma riuscire a far emergere sempre i  loro punti di forza e su quelli non smettere mai di ragionare.
I concorsi potranno sfornare tutti i maestri e professori di sostegno necessari ma se essi non sapranno partire da zero, ossia dal bambino, non cambierà la situazione di “insufficienza” in questo ruolo. Certo con questo non voglio dire che non esistano bravi maestri di sostegno, anzi, ne ho conosciuti tanti, dai quali ho potuto anche apprendere. Ed è proprio per rispetto al loro lavoro che le cose devono cambiare. Quello che ,però, poi dovrà ulteriormente cambiare è proprio la mentalità in generale nei confronti del bambino con disabilità. I maestri dovrebbero essere in grado, ove è possibile, di portare avanti un adeguamento che permetta il bambino di ” competere” con gli altri bambini. Ossia come ho già detto sopra, valutarne i punti di forza e creare un “ponte” tra la programmazione della classe e  quella del bambino. Mi direte: già si fa. No, se così fosse, e il tutto non fosse delegato esclusivamente al maestro di sostegno con il PEI (piano educativo individuale) e con il PDP (piano didattico personalizzato) non ci troveremo a parlarne qui, di questo argomento.

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