Pompei, il mistero delle 10 bombe inesplose

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Un segreto finora inviolato. Ma qualcosa si può fare, se si vuole. Sempre fuoco. Sempre fiamme. È il destino di Pompei: prima il Vesuvio, poi le bombe della guerra. Ma qui il passato riemerge sempre. Così, insieme con i resti romani più famosi del mondo, adesso rischiano di tornare alla luce gli ordigni sganciati dalle forze alleate nel 1943: sette, forse addirittura dieci bombe inesplose.Cosa minaccia Pompei? Nel sottosuolo del sito archeologico tra i più famosi al mondo si nasconde un pericolo di devastante potenza. Un rischio che gli esperti conoscono, ma che non è facile disinnescare: almeno 10 ordigni inesplosi, tutti localizzati nell’area del Parco archeologico ancora da scavare (le “Regiones” I-III-IV-V-IX).Il 24 agosto 1943 è il giorno in cui le forze Alleate sganciarono su Pompei 165 bombe, in nove incursioni aeree. Fatalità, l’eruzione che nell’antichità avrebbe devastato Pompei e le altre città sotto il Vesuvio avvenne proprio il 24 agosto, del 79 d.C..Per la prima volta -nell’inchiesta esclusiva di “Sherlock” in edicola oggi sul Fatto Quotidiano – vengono resi noti documenti esclusivi dell’Aerofototeca nazionale. Strisciate aeree e rapporti ufficiali in cui si documentano – con le immagini prodotte dagli Alleati per scopi di ricognizione durante la “Campagna d’Italia” del 1943-1945 – le 165 bombe sganciate su Pompei: dagli spezzoni incendiari da 4 libbre/1,8 kg fino alle grandi “cookie” HC da 4.000 libbre/1.800 kg chiamate anche le “grandi demolitrici”.

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