Pagani, la Procura della Repubblica certifica, giallo sul ricorso per revocazione

128
Advertisement

Il documento della Procura della Repubblica è arrivato in giornata.
Una sorta di certificazione dell’incandidabilità dell’attuale sindaco Alberico Gambino dal quale si evince, inoltre, che non sarebbe pervenuto alcun ricorso per revocazione – ricorso invece dato per presentato dai legali del sindaco negli ultimi giorni di giugno e che avrebbe gli effetti di una sorta di sospensione della sentenza della Cassazione.

Secondo l’assessore Gherardo Marenghi, il problema revocazione, però, perde peso e sostanza dinanzi ad una considerazione di altra natura.
Per l’avvocato, la sentenza della Cassazione, seppur definitiva, lascia spiraglio all’incandidabilità che riguarderebbe future elezioni.

Insomma, al momento c’è il parere del Ministero – che parla chiaramente d’incandidabilità – e la certificazione di oggi della Procura, notificata alle ore 13,00 all’intero consiglio comunale, non solo al sindaco.

Ora spazio alle decisioni della Prefettura e alle interpretazioni possibili di segno opposto.

LA REVOCAZIONE

L’art. 391 bis c.p.c., nella sua attuale formulazione, individua i provvedimenti revocabili nella «sentenza o ordinanza pronunciata dalla Corte di cassazione» che risulti affetta «da errore di fatto ai sensi dell’art. 395, numero 4». La revocazione per errore di fatto, pertanto, è ormai ammessa contro tutte le sentenze e ordinanze della Cassazione, senza altra specificazione (con il superamento delle lacune generate dalle precedenti formulazioni della norma, rispetto alle quali si rinvia a Cossignani, L’art. 391-bis c.p.c., cit., 803 e Consolo, Spiegazioni, cit., 631). Devono, invece, ritenersi esclusi dal novero dei provvedimenti impugnabili ai sensi di tale norma, poiché non aventi forma di sentenza o ordinanza, i decreti di estinzione di cui all’art. 391 c.p.c. D’altronde, la Suprema Corte, già prima della l. n. 197/2016, si era più volte espressa nel senso che contro il decreto di estinzione non è ammessa la revocazione ex art. 391 bis c.p.c., ma è prevista soltanto la possibilità di proporre un’istanza di fissazione dell’udienza collegiale per la trattazione del ricorso nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto (Cass., sez. VI, 6 aprile 2016, n. 6607, Cass., sez. V, 7 agosto 2015, n. 16625, Cass., sez. un., 23 settembre 2014, n. 19980).

L’art. 391 ter c.p.c., invece, nel disciplinare la revocazione per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 c.p.c., fa genericamente riferimento al «provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito», a prescindere, dunque, dalla forma che esso abbia in concreto assunto. Non rientrano tra i provvedimenti impugnabili per revocazione tutte le sentenze e le ordinanze che la Corte abbia già emesso all’esito di un primo giudizio di revocazione. Tale esclusione deriva dal divieto sancito dall’art. 403 c.p.c., secondo cui «non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione», nonché dal costante orientamento di legittimità secondo cui le pronunce emessa dalla Cassazione «nel giudizio di revocazione non sono suscettibili di una nuova impugnazione per revocazione, essendo esauriti i mezzi di impugnazione ordinari, a norma dell’art. 403 c.p.c., comma 1» (Cass., sez. I, 4  settembre 2017, n. 20724; Cass., sez. II, 18 ottobre 2016, n. 21019; Cass., sez. lav., 6 marzo 2014, n. 5294; per una critica di tale orientamento e per i dubbi di legittimità costituzionale che esso suscita si veda C. Consolo, La revocazione delle decisioni della Cassazione e la formazione del giudicato, Padova 1989, 134 ss.).

Un’ulteriore esclusione potrebbe, infine, riguardare le pronunce di cassazione con rinvio, alla luce dell’orientamento secondo cui «è inammissibile il ricorso per cassazione per revocazione proposto, ai sensi degli articoli 395, n. 4, e 391 bis c.p.c., avverso la sentenza con la quale la decisione di merito sia stata cassata con rinvio, potendo ogni eventuale errore revocatorio essere fatto valere nel giudizio di riassunzione» (Cass., sez. VI, 12 ottobre 2015, n. 20393; Cass., sez. lav., 25 luglio 2011, n. 16184). Tale orientamento, considerato da una parte della dottrina «fortemente manipolativo» e «scarsamente condivisibile» (Ricci, Il giudizio civile di cassazione, Torino 2016, 697) è stato rimesso in discussione da una recente ordinanza che ha limitato l’inammissibilità al solo caso in cui l’errore revocatorio enunciato abbia portato all’omesso esame di eccezioni, questioni o tesi difensive che possano costituire oggetto di una nuova, libera ed autonoma valutazione da parte del giudice del rinvio (Cass., sez. VI, 17 maggio, n. 12046).

LE REAZIONI

Drastico dall’opposizione Raffaele De Prisco

C’è solo da prenderne atto e andare tutti a casa. Il documento di oggi, pur non essendo il decreto di scioglimento, è fin troppo chiaro, ora c’è da attendere solo il provvedimento finale da parte del Prefetto e del Ministro. La sentenza, tanto per sgombrare il campo di ogni dubbio sui tempi dell’esecutività, appare più che esecutiva, anzi esecutiva già dal grado di appello, si potrebbe addirittura paventare la possibilità di una richiesta di risarcimento danni da parte di chi ha interessi. Prendiamo atto e attendiamo un prossimo provvedimento da parte del Prefetto. 

Dalla maggioranza, la voce del vice sindaco Anna Rosa Sessa

“La Procura della Repubblica ha trasmesso copie delle sentenze di incandidabilitàdel Sindaco Gambino. Anzi la Corte di Appello di Salerno ha erroneamente indicato che non sarebbe stata presentata alcuna istanza di revocazione. Circostanza non vera perché é stata presentata istanza di revocazione in data 28.06.2019 con documentazione definitivamente depositata in data 17 luglio 2019 presso la cancelleria della suprema corte. Pertanto, ai sensi di quanto affermata dalla Corte di Appello di Salerno, la sentenza passerà in giudicato il 10 agosto 2019 e quindi sarebbe valida per il prossimo turno elettorale.
Tanto per onor di verità”.

Advertisement