Nocera Inferiore: Poesia, atto primo, successo al femminile

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Poesia a Nocera inferiore, atto primo, tra le Stanze di Fedele, per volere di Francesco Forte. Inizia Giulia Scuro, con il collegamento secco tra poesia e psicanalisi, come da titolo del suo Sedute in Piedi: Dottoressa, parliamo del niente quel niente che tormenta l’intero occidente un niente che è tutto e gli avari consola, ecco, quel niente, alcun tempo ristora. Come si affronta il niente da sola? Io sono con lei soltanto quest’ora”. Prosegue Mariastella Eisenberg, ex dirigente scolastica, ora impegnata nel sociale a Lauro col gruppo di lettura in carcere: ” Ci sono baci in attesa, da dare e da ricevere, nascosti in soffitta come in un vecchio baule, fanno paura”. Rosanna Bazzano è una siciliana che a Napoli ha messo le radici, proprietaria e animatrice di un Caffè Letterario sempre pieno di gente e di eventi. Ama la natura, sta con gli alberi ma usa il computer anche in scena. Notevole quel che segue: “C’eravamo io e te al principio, ed era il 1933, sceglievamo il divano dove staresti, se fossi nel tempo verbale appropriato.Ed eravamo giovani, e io sorridevo, finalmente, e tu indicavi il punto esatto dove avresti segnato col tempo la mappa del tuo culo tondo. Dal bianco e nero, dall’argento dei sali delle stampe, sale il rumore vuoto del già stato”. Tocca a Floriana Coppola, poesia di genere anche qui con ampio risvolto psicanalitico col suo Cambio di Stagione: “Io sono di legno e tufo giallo, materia flegrea porosa senza barriere, assorbo i diari dei figli e della madre, ho una cicatrice sul cuore, rimargina in fretta, sotto risiede la finestra del danno, si infila in materie fibrose. Leggerò la tua bocca chiusa ancora una volta, chiusa a me. Di domenica scarto tra gli avanzi del giorno e divoro il tuo viso in memoria di pane e pomodoro”. Eleonora Rimolo, nocerina, giovanissima con la sua Temeraria Gioia:” Incombe la pagina, chiede di essere svolta, eppure troppe sono le curve evanescenti della visione, parecchie marce distorte conducono alla sciagura del non aver abusato della rosa, dell’averla lasciata lì, tra il rigagnolo e la riva, cenerognola”. Infine la sarnese Norma D’Alessio, pediatra, celebrata in passato, a giusta ragione, grazie a Primavera di fango. Da quella prosa, a questa poesia: Come da principio mi scrivo dentro le mie poesie
senza più paura di perderle, tanto poi le ritrovo restituite dal sole nei giorni amari pagine stirate e piegate pronte per l’ultimo libricino.
Come da principio tempo verrà, le bisbiglierà il vento
quando sarò al capolinea o forse tutti i miei folletti, danzando intorno al mio capezzale le scriveranno nell’aria. Reciteremo insieme un verso e uno ancora, prima da svegli poi da dormienti poi da ubriachi
Dolce sarà l’abbandono verso l’infinito celeste, sciami di poesie trasportate dal mio stesso sangue come barchette lungo il fiume eterno. Vita e morte si confonderanno sarò qui lì ovunque nel mio disciolto ghiacciaio sarò pieno di stelle. Non solo poetesse. Anche una voce splendida, quella di Margherita Rago, bravissima nell’interpretare i versi di Goliarda Sapienza, tratti da Ancestrale: Nessuno mi consolerà per tutte le parti già morte
che porto in me con rassegnata impotenza. Nessuno mi consolerà
per quegli attimi perduti, per quei suoni scordati che da tempo
viaggiano al mio fianco e fanno denso il respiro, melmosa la lingua.

 

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