Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nocera Inferiore ha disposto la riduzione della tassa d’iscrizione all’albo. Ha previsto un taglio del 30%, per far fronte alla crisi determinata dalle misure messe in campo per contenere l’emergenza epidemiologica: senza alcuna distinzione tra cassazionisti, avvocati e praticanti. Questo, nel dettaglio, l’intervento immaginato per compensare i mancati incassi causati dalla parziale sospensione dell’attività: gli avvocati cassazionisti verseranno € 155,00, invece di € 205,00; gli avvocati non cassazionisti € 105,00, invece di € 155,00; i praticanti, cioè i giovani laureati che si apprestano all’esercizio della professione, € 50,00 invece di € 75. Il prossimo febbraio, l’assemblea sarà chiamata ad esprimersi sulla bontà della proposta e potrà confermarla, modificarla o bocciarla. Non tutte le toghe nocerine hanno apprezzato il taglio lineare. C’è chi avrebbe preferito ancorarlo ai redditi del singolo avvocato, esentando i giovani, spesso ancora sostenuti dalle famiglie, prevedendo inoltre un contributo di solidarietà di cui potrebbero farsi carico i più facoltosi. Tra coloro che non hanno gradito si segnalano l’avvocato Cristiano Marrazzo, che si è detto pronto a versare l’intero importo, e il collega giornalista Eugenio Macchia, i quali hanno affidato a note pubblicate su facebook la propria riflessione.
Le monete pesano. Più delle banconote. Anche se valgono meno. Le une e le altre esigono rispetto, per quanto rappresentano. Lo sanno bene i ladri, ancor di più i filantropi. Addirittura gli zingari: nonostante a volte si presentino sudici e storpi, detestano i centesimi rosso rame. Guai a porgerglieli. Gli attribuiscono un valore incompatibile con quelli che dovrebbero essere lo stato d’animo e l’intenzione di chi, mostrandosi caritatevole, gli tende la mano.
Con i soldi non si scherza. Pure quando sono finti. Scegliere su cosa investire, finanche sulla tavola del Monopoli, non è una decisione semplice. Oltre alla conoscenza delle regole e al rispetto per i giocatori, è richiesta la serietà necessaria alla consapevolezza di gestire risorse limitate. Non se ne può fare a meno. Anche nel gioco delle tre campanelline: occorre riflettere, badando a non scivolare nell’immagine riflessa. Il tonfo potrebbe essere letale.
La carità ha un valore ma non un prezzo. A differenza dei soldi e dei lotti del Monopoli. E non richiede necessariamente una determinazione volitiva responsabile o comunque esito di un ragionamento. Può ancorarsi esclusivamente alla elaborazione emotiva della percezione di un disagio o stato d’animo, indotto o esposto. Comunque sia, è – quindi esiste – solo se non è racchiusa nel perimetro asfissiante di una valutazione riconducibile soltanto a dati numerici.
La carità è nelle mani tese, pronte a stringersi per unire destini impegnati insieme a celebrare la dignità di ciascuno. L’esercizio della carità e il riconoscimento della dignità, ancor prima della sua messa in sicurezza, non sono azioni di cui tutti sono capaci. Come giocare a Monopoli: bisogna prepararsi, acquisire consapevolezza delle regole e sviluppare correttamente una particolare abilità. Se non si è in grado di farlo, non si può essere della partita.
La inadeguatezza, figlia dell’ignoranza cui si accompagna sempre il malcelato disprezzo del prossimo, già fertile terreno di germinazione di tensioni sociali impollinate da ideologie sanguinarie, confonde valore e prezzo, carità e concessione, visione e visibilità: distingue le opportunità dell’io dai bisogni del noi, mossa da una pulsione perpetua che non si eleva a passione. In un organismo rappresentativo preferisce la rappresentazione alla rappresentanza.
La delibera n. 14 del COA è l’epitaffio sul futuro negato alle toghe nocerine. Segna i limiti personali, culturali e politici di quanti, partecipando alla discussione, si sono esercitati con percentuali e decimali, calpestando la propria e l’altrui dignità, in un processo di fascistizzazione delle istituzioni. Un danno certo provocato da una illusione che, in un gioco di specchi, propone un apparente beneficio e il profilo di chi si presenta come benefattore.
Giocare con le parole, confidando nella possibilità che l’interlocutore sia distratto da emergenze o lusingato per l’attenzione percepita, non è leale. Lasciare intendere che grazie alla sensibilità di alcuni la tassa di iscrizione di tutti è stata ridotta non è corretto. Rimodularla – quando e se accadrà – senza rilevare i bisogni e le possibilità di ciascuno è la negazione della comprensione dei principi cui ispirarsi anche nell’esercizio della professione.
Il Consiglio dell’Ordine non può cancellare, anche solo in parte, la tassa. È riportato nella stessa delibera con cui si rappresenta la concessione del beneficio: basta scorrerla fino in fondo. Può incidere su tempi e modi di riscossione, fissando un acconto e un eventuale saldo. Non può, di certo, lacerare l’assemblea favorendo l’emersione di faide tra i sostenitori di diverse percentuali di detrazione, pronti a sacrificarsi pur di non versare due banconote.
È evidente che se i rappresentanti rappresentano fedelmente vizi e virtù dei rappresentati, assisteremo a un bagno di sangue per risparmiare € 55: l’equivalente di un pasto frugale per due in uno dei ristoranti convenzionati con l’Ordine. Ed è altrettanto chiaro che chi ha proposto la soglia del 50% non si darà per vinto, rinnovando la propria proposta, magari anche solo per fini propagandistici in vista della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio.
Il catalogo delle azioni esperibili per rimediare al disastro è vasto. È opportuno che sia allestito su tre elementi: il riconoscimento e il recupero della dignità di ciascuno; la capacità reddituale del singolo; la tutela dei praticanti, cui bisogna dare un segnale concreto che sia esempio e sostegno. La previsione dell’esenzione per i giovani colleghi, da cui non si può prescindere, potrebbe essere finanziata dal contributo di solidarietà dei più facoltosi.
La gestione responsabile dei propri e degli altrui interessi, ancor di più in un organismo rappresentativo, richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, con la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza degli associati, impediscono il pieno sviluppo della persona umana, l’effettiva partecipazione di ciascuno all’organizzazione e la libertà del voto.
Lasciare una manciata di monetine rosse nel vassoio di uno zingaro espone al pericolo di vedersele lanciate contro. Non perché non gli facciano comodo: preferisce rinunciarvi pur di sentirsi libero di imprecare contro i trapassati del benefattore, cui riconosce la capacità di offendere la dignità propria e sua. Le monetine pesano: possono segnare le coscienze con solchi così profondi da accogliere il seme del buon senso. Come il tratto di una penna raffinata.