‘na tazzulella e’cafè, il sacrificio sempre attuale di Don Peppino

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Era il 19 marzo 1994 quando Giuseppe Diana, per tutti Don Peppino, fu assassinato dalla camorra all’interno della sua parrocchia di San Nicola da Bari a Casal di Principe. Cinque i proiettili che uccisero il 36enne, sparati da chi vedeva come una minaccia l’impegno del prete contro la delinquenza del posto. Suo il celebre documento Per amore del mio popolo non tacerò, uno scritto con cui manifestava la volontà di sfidare gli atti criminosi dei clan. Oggi magari qualcuno l’accuserebbe persino di populismo. All’epoca fecero di peggio, tentarono di nascondere un chiarissimo e sanguinoso delitto di camorra con ragioni sentimentali, per la serie la calunnia a volte da venticello si trasforma in un ciclone. Ma alla fine la verità arriva comunque, puntuale come il giorno di San Giuseppe, che ricorda anche il papà di una comunità, un prete di strada ucciso in strada per il semplice fatto di voler costruire qualcosa di nuovo e di diverso per gente sotto lo schiaffo diretto o indiretto dei casalesi, della camorra che controlla e fa affari ovunque.

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