Montevescovado, condannati i “pusher” del rione

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NOCERA INFERIORE. Avevano reso il rione Montevescovado inviolabile, sfruttandone lo stato d’abbandono e l’intimità di quella che di fatto era la loro casa. Scegliendo con cura anche dove nascondere la droga, per creare non poche difficoltà ai cani dell’unità cinofila. Spesso agivano alla luce del sole, vittime della loro stessa spavalderia e dove anche gli orari decisi per spacciare, erano pensati per non attirare l’attenzione. Quella piccola “Scampia”, come fu ribattezzata dagli investigatori, fu messa sotto sopra dai carabinieri con un blitz nel maggio del 2013. Due giorni fa, si è chiuso il processo in primo grado per cinque dei coinvolti nell’operazione «Scacco Matto». Diciotto gli anni di carcere distribuiti dal giudice Donnarumma, per i reati di detenzione e spaccio di droga. Condannati Francesco Pirozzi ad 8 anni; Gaetano De Cesaro a 3 anni; Alfonso D’Alessio a 4 anni e Benito De Palma, a 3 anni. Assoluzione, invece, per Anna Venturino. Sentenza di assoluzione per lo spaccio di cocaina anche per De Cesaro e Pirozzi. Le altre 4 persone coinvolte nel blitz furono giudicate separatamente. L’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Roberto Lenza portò alla scoperta di un “sistema” nelle mani di un gruppo di spacciatori, il cui giro era organizzato intorno al circolo “San Giuseppe”. Non solo hashish e marijuana, ma anche droghe pesanti, come cocaina ma soprattutto eroina, in quel periodo tornata prepotentemente su mercato. Cinquanta furono i carabinieri che presero parte al blitz, con un elicottero a vigilare sulle operazioni e con l’unità cinofila impegnata a cercare la droga ovunque. Sotto le fioriere, negli androni di quelle case fatiscenti, nei pressi di una statua della Madonna, in container abbandonati e tra le piccole costruzioni in amianto. A fare da “scudo” ai pusher coinvolti i prefabbricati pesanti, che permettevano a chi spacciava di notare subito individui sospetti o l’arrivo delle forze dell’ordine. A essere rifornito era tutto l’Agro nocerino. La droga veniva spacciata anche sotto gli occhi di donne e bambini di passaggio nella parrocchia vicina. Il “servizio vendita” era attivo dalle 15 alle 20, con le auto che giungevano presso il rione e consumavano l’acquisto. Chi era a piedi, invece, si appartava tra le “case”, consumando lo scambio. La banda fu scoperta grazie ad un’unica telecamera, posizionata di nascosto al di sopra del circolo. Ma una grossa mano alle indagini la fornì un collaboratore di giustizia, che indicò nomi e circostanze di un “sistema”, rimasto inviolato per molto tempo.

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