La paura, quella che toglie il respiro e che intralcia i passi in qualsiasi direzione siano orientati, quella che impedisce di sentirsi inseriti in qualcosa di condivisibile, quella che isola sempre più e logora ogni possibilità di assaporare la vita, è la coraggiosa rivelazione che Simona Vinci affronta in “Parla, Mia Paura”, edito da Einaudi.
Nel circo dell’esistenza dove fiere circolano incustodite alla ricerca di carne da triturare tra denti aguzzi ed elettrici, esporsi all’ammissione di aver paura di tutto, ma proprio tutto, espone alla nudità dell’oltraggio.
Simona Vinci ha forza da vendere, quella che si sedimenta attraversando il dolore della depressione, del sentirsi incapaci e inetti di fronte alle piccole come alle grandi vicende di un quotidiano sempre più respingente.
E così l’analista, il chirurgo estetico, diventano tappe inevitabili per cercare di dare risposta ad una paura sempre più incontenibile che forse inizia a delinearsi nel lontano passato, per poi arroccarsi e esprimersi in Simona stessa.
È possibile uscire da questo circolo vizioso? Come? Non c’è una regola per tutti, Simona scava dentro sé stessa e piano piano riemerge da un mortifero silenzio che passa per il mondo che rifugge da sempre.
Le parole sono lo strumento chirurgico attraverso il quale preservare il contatto con quello che ruota attorno e destabilizza, fissando quello che c’è dentro.
Le parole salvano.