La riflessione della domenica

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Una domenica pomeriggio, un film trasmesso alla tv su un canale sconosciuto, una commedia americana del 1955 con una delle attrici più conturbanti della storia del cinema, Jennifer Jones, una storia già vista anni prima e mai dimenticata, un titolo semplice Buon giorno Miss Dove per raccontare la storia di un insegnante di geografia che dopo anni di servizio si ammala, e tutto il paese si stringe attorno a lei. Perché?

La commedia statunitense degli anni ’50 e ‘60, quella che ho imparato ad apprezzare grazie alla passione di mia madre, mi propone l’immagine di un insegnante “terribile”, a detta di tutti i suoi ex-allievi.

Nell’aggettivo terribile c’è tutto il rigore e la meticolosa volontà di educare quelle che poi diventeranno le generazioni future, ma soprattutto la connotazione affettiva di giovani adulti che tributano all’insegnante il merito di aver contribuito alla personale realizzazione.

Guardo il film e rifletto su quelli che sono stati i miei insegnanti e sul ruolo ricoperto nella mia vita, e inevitabilmente il pensiero si ricollega a quello che sta accadendo oggi nel mondo della scuola, e sono costretta ad ammettere che le si dedica sempre minore attenzione.

È noto che sempre meno fondi sono stanziati per la scuola, ma ciò che più mi preme considerare è cosa voglia dire insegnare, e a chi.

Il termine “insegnare” deriva dal latino insignare, composto dal prefisso “in” unito al verbo “signare” che tradotto significa segnare; insegnare indica la capacità di imprimere segni (nella mente).

L’insegnante svolge, quindi, la funzione di imprimere nella mente un sapere che non è fine a sé stesso, ma concerne un metodo di approccio alla realtà, alla conoscenza che travalica il mero studio.

Che straordinaria possibilità ha l’insegnante!

Certo, la scuola non può essere quella proposta nel film da cui la nostra riflessione è partita, perché il modo in cui viviamo è cambiato, e il trasferimento di semplici o complesse informazioni riportate dai libri, non è più sufficiente.

Oggi, in una società liquida, termine coniato dal sociologo Bauman per indicare nel mondo globalizzato una comunità con confini sempre meno definiti, anche la scuola deve approcciare la cultura in modo differente, perché la possibilità di reperire molteplici informazioni con immediatezza ha modificato le relazioni e le modalità attraverso cui trasmettere le competenze.

Secondo Bauman la consapevolezza delle metamorfosi in atto, spinge a rivedere l’idea stessa di scuola e di educazione, intese come strumenti fondamentali per trasmettere la speranza per un futuro migliore. In questa visione, decisivi diventano gli individui o meglio gli insegnanti.

È facile esprimere critiche sulla scuola come istituzione, ma esprimere perplessità sugli insegnanti no. Automatico scatta il biasimo del corpo docente che si sente nella totalità vilipeso, e subito riferisce sulle difficoltà riscontrate continuamente nel dover gestire una miriade di teppistelli sostenuti da famiglie onnipresenti e pronte a difenderli in ogni circostanza, in presenza di una burocrazia invasiva a cui è impossibile derogare.

Eppure la critica costruttiva non fa male a nessuno, e per un docente inadeguato, ce ne sono tanti altri davvero straordinari, capaci di appassionare e accogliere gli incerti passi di studenti che chiedono supporto per poi spiccare il volo.

Nei miei ricordi sfilano i docenti che mi hanno accompagnato e mi hanno insegnato a capire, ad appassionarmi, a migliorare e anche a valutare: Suor Letizia, la maestra Stefania, la maestra Giulia, la maestra Cristiana, la professoressa Pinto, la professoressa Escalona, Il professore Romano, il professore D’Agostino, il professore Mastropaolo.

Insegnare è un compito “alto”, e qualche volta gli uomini lo dimenticano e incorrono in errori pedagogici enormi.

Insegnare è coerenza, è coraggio, è dedizione, è capacità di comprendere, è correzione, è esempio, è empatia, è esortazione, è comprensione, è osservazione intelligente, è umiltà, è avere come priorità la giustizia in barba al prestigio della scuola, perché l’istituzione scolastica è sempre fatta da uomini che hanno il dovere di insegnare il valore dell’impegno, del merito, della correttezza, della speranza per formare sempre nuove schiere di cittadini in grado di affrontare le sfide del futuro.

E, a volte, possono non essere all’altezza del compito assegnatogli.

Miss Dove, che piacere averti incontrata in una domenica di riposo, mi hai fatto ricordare il valore dell’essere insegnante e che c’è sempre speranza. Grazie

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