Jean Paul Sartre – 40 anni dalla scomparsa del padre dell’Esitenzialismo

66
Advertisement

Sono trascorsi quarant’anni dalla morte di Jean Paul Sartre, all’anagrafe Jean Paul Charles Aymard Sartre (Parigi, 1905-1980), tanto è cambiato nella percezione e nell’approccio della parola ‘cultura’ e di tutte le sue declinazioni. Nonstante ciò, ci sono dei punti fermi e uno di questi è sicuramente Sartre che resta uno degli intellettuali più importanti del Novecento.

Insieme ad altri come Vian e Camus, animò la Parigi – dove nacque nel 1905 – del secondo dopoguerra indagando l’essenza dell’umanità. E’ stato un filosofo impegnato di fede comunista e si batté per la libertà di colleghi e attivisti che nel mondo erano vittime di regimi dittatoriali. Ben presto il suo esistenzialismo uscì dal dibattito pubblico ma il suo pensiero, più attuale che mai, malgrado trattasse un argomento scomodo come quello della responsabilità, la sua ‘voce’ è stata tra le più potenti e profonde del secolo scorso.

Nel 1964, Sartre fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura che protamente rifiutò, asserendo che solo a posteriori, dopo la morte, sia possibile esprimere un giudizio sull’effettivo valore di un letterato.

Il pensiero esistenzialista, in estrema sintesi, nasce dal senso di disorientamento, confusione o terrore di fronte a un mondo apparentemente privo di significato o assurdo; condizione questa precedentemente avvertita e indagata da Søren Kierkegaard nel primo Ottocento. Sartre, però, anche alla luce di un secolo in crisi come il Novecento, cerca gli strumenti per spiegare quello scenario così tragico. Il filosofo francese ‘punta’ su un individuo che è già libero di per sé, in quanto essere razionalmente pensante e dotato di una coscienza, la quale implica la capacità d’azione, di ragionamento, di scelta e si identifica completamente con l’individuo. Che è così obbligato a guardare dentro se stesso, facendo affidamento sulle sue risorse morali, se ne ne è dotato.
L’individuo di Sartre (differentemente dall’uomo rinascimentale) non è al centro dell’universo, ma vaga nei meandri delle sue profondità. Nel su pensiero, l’individuo compiuto è colui che riesce a sopportare il peso della responsabilità, ma soprattutto della solitudine nell’universo, ipotizzando la non esistenza di Dio.

Con ciò detto, è facile intuire che i primi studi filosofici di Sartre si muovono verso la ricerca del ‘concreto’. Più avanti questa ricerca del concreto si articolerà in opposizione di coloro che vogliono analizzare il mondo senza abbassarsi alle incongruità del reale, senza sporcarsi le mani, mantenendo uno sguardo dall’alto della torre d’avorio della riflessione filosofica, distante e falsamente neutrale.
Il pensiero di Sartre, inoltre, è un pensiero di sinistra, intesa non come collocazione parlamentare e lontana da un raggruppamento politico: è semplicemente una impostazione critica di fronte alla realtà, consapevole di essere di parte, perché sa di avere un punto di vista, quello degli sfruttati.

Sartre aderisce alle lotte di liberazione nazionale e contro il colonialismo. Denuncia l’esercito francese e le torture che applica contro gli insorti e per ben due volte il suo appartamento di Parigi è vittima di attentati. Questi attacchi di certo non lo lo frenano né lo zittiscono: per l’esistenzialismo non contano gli schieramenti ma l’esistente, e in primo luogo l’essere umano. Gli uomini per Sartre sono contingenti, con esistenza precaria, condannabili per ogni scelta ma senza paradiso o inferno a cui l’uomo è destinato dopo la morte. “Niente mi può assicurare contro me stesso”, scriveva nel “L’Essere e il Nulla”. Non esiste quindi un destino, “Il destino non è altro che la libera scelta che ognuno fa di se stesso“. Chi si rende conto di non avere un destino si trova di fronte ad una scelta che segnerà la sua esistenza; Sartre decise di essere uno scrittore e in “Le Parole” racconta di quella necessità di scrivere che gli farà dire: Nulla dies sine linea (Non un giorno senza una riga)

Nel ’32 scrisse quella che è ritenuto il suo capolavoro, “La nausea”, per poi essere pubblicato solo nel 1938 dopo diverse e radicali revisioni.
La Nausée non è un romanzo, piuttosto un diario filosofico del protagonista Antoine Roquentin, motivo per cui è molto difficile tracciarne una trama. Fu operazione complicata per l’autore stesso che scrisse, a supporto, una sorta di indicazione per fornire al lettore alcuni dati essenziali per afforntare il testo.
La nausea, secondo la visione esistenzialista di Sartre è una dimensione metafisica ed un atteggiamento psicologico nei confronti dell’esistenza. La condizione dell’uomo viene intesa come solitaria ed angosciosa. La posizione sartriana espressa nel romanzo non suggerisce però una visione pessimistica della realtà, al contrario concepisce l’uomo come detentore di libertà intellettuale e morale.

Morì di edema polmonare a Parigi, il 15 aprile del 1980. Dopo una commemorazione civile alla presenza di circa 50mila persone, venne sepolto nel cimitero di Montparnasse dove è stata seppellita anche la compagna Simone de Beauvoir, morta nel 1986. Anch’ella filosofa e scrittrice, descrisse gli ultimi anni con di vita con Sartre nel libro “La cerimonia degli addii”: “La sua morte ci separa. La mia morte non ci riunirà. È così; è già bello che le nostre vite abbiano potuto essere in sintonia così a lungo”.

Advertisement