Il valore delle storie secondo la scrittrice Francesca Cavallo

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“Non si può insegnare niente che non si abbia bisogno di imparare, e non si può narrare niente che non si abbia bisogno di scoprire”, è un’affermazione particolarmente significativa da cui partire se si vuole approfondire il meccanismo connaturato alla narrazione.

Il valore di una storia letta o ascoltata è indiscutibile, è un momento di confronto e, spesso, di ricomposizione di un pensiero o di una convinzione che incontra o si scontra con il nostro modo di osservare le cose nel mondo.

È da questa sinergia di differenti prospettive narrative, tra chi scrive e chi legge, che può nascere un nuovo pensiero che non necessariamente rispecchi quello di partenza.

Sono le riflessioni della scrittrice Francesca Cavallo su “L’importanza delle Storie”, che ascolto in una interessante diretta Fb.

L’autrice è nota al pubblico per i libri scritti per i più piccoli, il primo fra tutti dal titolo “Storie della buonanotte per bambine ribelli” risale al 2016, attraverso i quali propone storie di personaggi nuovi in una chiave moderna.

Il suo discorso sulla narrazione intesa come un punto di osservazione necessario per costruire sé stessi, mi appassiona.

Per la Cavallo, le storie hanno il potere di cambiare il mondo. Mi chiedo: come?

L’idea è che le storie, quelle raccontate nei libri e in Tv, possano regalare le tessere per comporre la propria storia e ogni esistenza diventa il mosaico su cui apporre la propria.

Da quando siamo nati ci combiniamo attraverso le continue narrazioni, e le storie invisibili, quelle non ancora raccontate, rappresentano i pezzi mancanti; in ogni pezzo del puzzle c’è un po’ di noi, e proprio noi siamo il pezzo che manca.

C’è un’altra sfaccettatura nell’argomentare della Cavallo, e riguarda il fatto che “Le storie ci spingono gli uni verso gli altri”.

Ritorno alla domanda di prima su come possa accadere che le storie raccontate contribuiscano a cambiare se non il mondo, almeno il punto di osservazione, e la scrittrice mi fornisce la risposta riferendosi ad alcuni prodotti cinematografici e televisivi.

Nel 2000 nelle sale cinematografiche arriva il film “Billy Elliot”, la produzione animata “The Brave” nel 2012, e la sitcom “Will & Grace” trasmessa per la prima volta nel 1998. In tutte ci si trova a seguire storie di personaggi che rompono alcuni stereotipi comunemente accettati: i maschi non seguono corsi di danza classica; le ragazze non praticano il tiro con l’arco e in epoche remote desideravano solo mettere su famiglia; gli omosessuali diventano i protagonisti di storie in Tv.

Cosa accade dopo la presentazione al grande pubblico di queste storie?

Una ricerca ha evidenziato come la loro visione ha cambiato l’idea di partenza di molti spettatori, portatori proprio di quei pregiudizi che le narrazioni intendevano smontare; l’effetto che si è ottenuto è stato quello di normalizzare quello che in precedenza si definiva anomalo, perché è l’assenza di conoscenza che rafforza il preconcetto.

Lo spettatore sviluppa un’empatia con il protagonista della storia e, spesso, cambia atteggiamento rispetto ad un tema più ampio.

Per la Cavallo, l’immaginazione ha un ruolo essenziale nella possibilità di modificare la prospettiva di partenza delle persone, e immaginare insieme aiuta a innescare l’ipotetico cambiamento più velocemente.

Nei racconti si ripercorre la storia dei personaggi, ed è quello il momento in cui nella testa dello spettatore si forma il tema generale su cui si vuole porre all’attenzione . Ciò vale soprattutto per i bambini.

La Cavallo afferma che raccontare storie ai bambini è il modo più politico per affrontare i temi dell’esistenza, perché è il canale attraverso il quale lasciare passare messaggi che abbattano i pregiudizi.

Si potrà essere d’accordo o meno con la scrittrice, ma il meccanismo che sottende al processo che veicola i messaggi, è sicuramente interessante e merita attente riflessioni.

 

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