Coronavirus – Estorsioni in stand-by. La camorra adotta nuove strategie di guadagno.

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Estorsioni in pausa perché quasi tutti i negozi sono chiusi, spaccio costretto ad aggiornarsi con la consegna su chiamata. In questo periodo in cui la circolazione è limitata per il coronavirus, la camorra sta sviluppando una nuova strategia. Che, poi, è l’evoluzione di quello che ha sempre fatto: inserirsi negli spazi lasciati vuoti dallo Stato, provvedere alle esigenze basilari della popolazione. Non per bontà d’animo, ma per un tornaconto. Che arriverà poi, quando tutto sarà finito, ma che arriverà. Un modo per restare sul territorio, unico sistema per mantenere il controllo, e per “comprare” la gente provvedendo ai bisogni primari: stanno regalando la spesa, con consegna a domicilio, famiglia per famiglia.

 

Nei giorni scorsi tra gli scenari ipotizzati dai Servizi di informazione e sicurezza dello Stato c’era quello del rischio di rivolte causa assenza di reddito in quelle sacche di sottoproletariato che nel Sud, ovviamente anche a Napoli e in Campania si muovono anche all’interno di logiche di ‘sistema’. Dove il sistema è ovviamente sinonimo di camorra.  Raccogliendo dati e elementi dagli investigatori che sui territori quotidianamente hanno il polso della situazione anche in tempi di Coronavirus, emerge una realtà articolata, meno dicotomica di quella che una narrazione semplicistica, ‘camorrettistica’, suggerirebbe.

 

Mentre lo Stato sta ancora mettendo a punto le misure di sussistenza, con bonus per le famiglie che si sono ritrovate senza lavoro, spunta il “camorrista di quartiere”. Che si spoglia di quel ruolo costruito negli anni, fatto di spaccio di droga e angherie, e torna a essere il guappo del dopoguerra, nella versione romanzata che ancora resiste nella memoria di qualcuno. Quello che ristabilisce l’ordine, che aiuta chi è in difficoltà. In questi giorni la preoccupazione maggiore è riempire il frigorifero, e allora ecco che la camorra si ingegna e trova il sistema: la consegna casa per casa di beni alimentari, parallelamente a quelle associazioni di volontari che, a proprie spese, realmente si stanno impegnando nella distribuzione di cibo.

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