Accade oggi…il nubifragio ed il disastro di Molare

191
Advertisement

“L’alba del 13 Agosto 1935 era tersa e calda, i contadini della valle osservavano speranzosi le nuvole nere addensarsi laggiù sui monti.
Il 1935 stava per essere ricordato come un’annata relativamente siccitosa. I molti contadini che vivevano nella Valle Orba erano molto preoccupati poichè tale situazione stava compromettendo irrimediabilmente i raccolti e l’allevamento. La crisi idrica costrinse la Direzione Aziendale delle O.E.G. a programmare un drastico taglio della produzione elettrica. Ciò aveva come inevitabile conseguenza la chiusura degli scarichi della diga con effetti negativi sul minimo deflusso del torrente, ormai in perenne secca. I contadini, comunque, si stavano accingendo a partire per i campi”.

Alle 6.30 si sentí un boato di un lontano tuono, alle 7.30 si abbattè su Molare e Ovada (in provincia di Alessandria, in Piemonte) un vero e proprio nubifragio (in “Eventi alluvionali e frane nel Bacino della Bormida, studio retrospettivo” di D. Tropeano al riguardo si dice: “Nel Bacino dell’Orba cadono 364 mm di pioggia in meno di 8 ore. A (Loc.) Lavagnina la precipitazione è di 554 mm (182 in 2 ore), superando tutti gli analoghi eventi nell’Europa da oltre due secoli”).

Durante le prime ore gli scarichi della diga principale rimasero chiusi, ma ben presto il guardiano Abele De Guz si accorse che il livello dell’acqua si stava innalzando vertiginosamente. Vennero attivati i sifoni che subito scaricarono a valle,ma gli abitanti del Borgo non si sentirono granché minacciati, memori anche dell’alluvione del 1915.

Ma già alle 9.30 il rischio di un’esondazione iniziò a turbare i pensieri del Sig. Mario Grillo, responsabile della centralina elettrica “dei Frati” di Ovada. Verso le 12.30 l’acqua iniziò a stramazzare pericolosamente sopra le due dighe posizionate alla stessa quota topografica. Il personale della Centrale Elettrica avvertì Ovada “che l’acqua che stava per scendere era molta”.

Alle 13.15 la Diga Secondaria e tutta la Sella Zerbino collassarono sotto la spinta di una massa d’acqua e fango.

Case distrutte, danni indigenti, ponti crollati, 111 morti ed innumerevoli dispersi: i corpi di alcuni di questi furono trovati molti anni dopo.

I due anni successivi furono dedicati allo studio del disastro di Molare: si giunse prontamente alla conclusione che lo sconnesso terreno della sella Zerbino non era idoneo a sopportare la costruzione di una diga. Ciononostante, l’OEG declinò ogni responsabilità; si iniziò un processo (coinvolti dodici tra ingegneri, dirigenti e direttori dell’OEG),il quale terminò il 4 luglio 1938: la corte d’Appello di Torino assolse tutti gli imputati «per non avere commesso i fatti loro addebitati» poiché l’impianto era stato edificato senza violare alcuna legge, ai familiari delle vittime fu recapitato dallo Stato un indennizzo di sole 30.000 lire.

Allora, proprio come oggi, i morti hanno avuto un misero prezzo.

Antonietta Della Femina

Advertisement