Abusi e maltrattamenti. Internet l’ambiente più pericoloso per 8 adulti e 7 ragazzi su 10. 

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Dai dati dell’indagine Ipsos per l’Organizzazione, che oltre a sondare l’opinione di adulti e ragazzi a livello nazionale realizza un focus specifico su 8 regioni italiane[2], emerge invece che a un aumento della consapevolezza dei rischi non corrisponde ancora la messa in campo di misure in grado di proteggere concretamente i minori nei luoghi che normalmente frequentano. Più di 1 genitore su 4 in Italia afferma infatti che in palestra o in altri centri ricreativi i propri figli non abbiano mai ricevuto informazioni su cosa fare in caso di maltrattamenti, abusi o condotte inappropriate, e, rispetto alla scuola, 1 genitore su 3 e 1 ragazzo su 5 sono convinti che anche lì non esistano regole chiare per tutelare i minori.

LE EVIDENZE DELL’INDAGINE

Dal sondaggio Ipsos per Save the Children, emerge che solo il 7% degli adulti, in Italia, ritiene che i minori siano completamente tutelati e al sicuro da comportamenti inappropriati da parte degli adulti nei luoghi che sono soliti frequentare e solo il 6% lo pensa riferendosi al web e alle chat usate dai propri figli. Più di 1 minore su 4 (il 27%) si dice a conoscenza di esperienze negative vissute in prima persona dai loro amici, percentuale che sale al 33% se riferita agli episodi in rete.

I luoghi più a rischio

Tra i luoghi fisici ritenuti maggiormente a rischio e dove i minori potrebbero essere vittime di comportamenti scorretti o abusanti da parte degli adulti figura soprattutto la scuola, insicura per il 28% degli adulti e il 21% dei ragazzi. Scuola a rischio soprattutto per i ragazzi in Sicilia (1 su 4), meno per i coetanei campani ed emiliani (16%). A rischio anche oratori per 1 adulto su 4 (quasi 1 su 3 in Campania, Toscana ed Emilia Romagna) e per 1 ragazzo su 5 (1 su 4 in Lazio, Lombardia e Sicilia), nonché la palestra, la piscina e altri centri sportivi, ancora insicuri per il 23% dei genitori e il 22% dei ragazzi italiani. Da segnalare in chiave positiva i gruppi scout considerati luoghi sicuri per il 93% dei ragazzi e per l’88% dei genitori.

I pericoli in rete. Lo “spazio” considerato meno sicuro è comunque quello virtuale

E con la diffusione delle nuove tecnologie e la sempre maggiore possibilità, per bambini e ragazzi, di accedere alla rete, cresce la percezione dei rischi collegati all’uso di chat e app online. La rete è infatti un luogo a rischio per l’85% degli adulti e il 74% dei ragazzi. A conferma di ciò, la ricerca rivela che il 29% dei ragazzi ha provato disagio per avere ricevuto determinate richieste o contenuti online da parte degli adulti (percentuale più alta in Campania – 35% – e più bassa in Lombardia, 19%), un dato confermato anche da più di 1 genitore su 10 (1 su 5 in Sicilia e Campania). I dati mettono in luce anche uno scarso controllo da parte dei genitori su quello che i figli fanno online. Più di 1 genitore su 6 (17%) dice di non controllare mai i contenuti che i figli condividono in rete, mentre il 44% lo fa solo occasionalmente. E se i genitori siciliani si dimostrano i più attivi nel controllare regolarmente (46%), di contro, in Piemonte, più di 1 genitore su 4 non controlla mai. La scarsa consapevolezza, da parte dei genitori, delle attività online dei figli, del resto, è confermata dal fatto che quasi 1 su 3 (30%) non sa se i loro ragazzi utilizzino app a tempo per scambiarsi messaggini, foto o video (che spariscono dopo pochi secondi) e più della metà (54%) non è in grado di dire a quante chat partecipa il figlio, con i genitori campani che fanno registrare la percentuale più alta (66%). E se i genitori italiani che credono di saperlo rispondono mediamente che i figli usano al massimo 2 chat, i ragazzi affermano di essere coinvolti in media in 5 chat ognuno.

Rapporti indesiderati e immagini intime in cambio di regali

Ma quali sono i principali rischi ai quali sono esposti bambini e ragazzi? Contatti fisici e rapporti indesiderati pretesi o imposti dagli adulti rappresentano un pericolo concreto per quasi 3 adulti su 5 (55%) e 1 ragazzo su 2 (48%), con percentuali che, per gli adulti, salgono al 61% e al 64% in Lombardia e in Toscana e si abbassano al 46% in Sicilia, mentre tra i ragazzi i più consapevoli del rischio si mostrano i toscani (57%). Circa la metà dei ragazzi e 6 adulti su 10, nel nostro Paese, considerano inoltre un pericolo reale che i minori possano essere vittime di cyberstalking da parte degli adulti, così come che venga loro chiesto, in cambio di regali, di inviare immagini o video che li ritraggono nudi oppure che gli adulti possano inviare a ragazzi conosciuti in rete materiali intimi che mettono a disagio. Tra gli altri rischi segnalati, troviamo la possibilità che i minori vengano criticati o ridicolizzati per il loro comportamento o aspetto fisico (un rischio per il 57% degli adulti e il 44% ragazzi), che possano essere indotti ad assumere sostanze (lo pensano il 42% dei ragazzi e 1 adulto su 2) o che possano ricevere promesse in cambio di qualcosa (per il 47% dei ragazzi).

Le segnalazioni degli abusi: non completa fiducia nella scuola e negli educatori

I ragazzi intervistati mostrano un significativo senso di responsabilità: ben il 94% afferma che se fosse a conoscenza di un comportamento inappropriato nei confronti di un loro amico, sicuramente ne parlerebbe con qualcuno. 1 ragazzo su 20 (1 su 10 in Veneto e nel Lazio) preferirebbe invece restare in silenzio. Ma a chi si rivolgerebbero bambini e ragazzi? I dati dicono che si fidano soprattutto di famiglia e coetanei. Più della metà dei ragazzi (59%) preferirebbe rivolgersi ai propri genitori, che si mostrano quindi come figure di riferimento fondamentali in caso di pericolo da parte dei figli, mentre il 16% ne parlerebbe con gli amici. Colpisce e deve far riflettere la mancanza di punti di riferimento all’interno della scuola. Solo il 5% dei ragazzi vedrebbe negli insegnanti un punto di riferimento e solo il 2% si rivolgerebbe agli altri referenti scolastici (psicologo, preside).

Davanti al racconto da parte dei figli di un abuso o maltrattamento, la quasi totalità dei genitori intervistati ne parlerebbe con qualcuno (98%), nel 29% dei casi andrebbero dalle forze dell’ordine, nel 24% ne parlerebbero con i propri familiari e nel 21% si rivolgerebbero al preside o agli insegnanti. Da sottolineare come invece, in Veneto e Piemonte, i genitori si fidino soprattutto proprio di insegnanti e preside (rispettivamente 31% e 30%), mentre nel Lazio il principale punto di riferimento per i genitori è la famiglia (34%).

Seppur contenuta una parte di adulti e ragazzi sembra non riporre fiducia  nei confronti degli educatori, a scuola come negli altri luoghi da loro frequentati con assiduità. D’altronde una percentuale, che anche se bassa non è del tutto irrilevante, di ragazzi (12%) e adulti (10%), infatti, ritiene che se un insegnante o un educatore venissero a conoscenza di un comportamento inappropriato non si attiverebbe per segnalarlo, per salvaguardare l’organizzazione in cui lavora o per evitare conseguenze personali. La non completa fiducia che emerge dall’indagine, riguarda in particolar modo i genitori in Campania, per il 20% dei quali gli educatori non farebbero niente. Il 27% dei ragazzi e il 24% degli adulti in Italia, tuttavia credono che gli educatori si attiverebbero se a loro volta ricevessero indicazioni chiare su come agire in questi casi (percentuali che salgono al 29% tra gli adulti in Emilia Romagna e Toscana).

Procedure e informazioni più chiare per proteggere i minori

Più di 6 genitori e ragazzi su 10 credono infatti che oratori, palestre e centri sportivi siano privi di regole e procedure in tema di tutela dei minori – una opinione condivisa ancora più nettamente dagli adulti in Toscana e in Veneto (circa il 75%) – e quasi la metà degli adulti afferma che i propri figli non abbiano mai ricevuto informazioni in tal senso da queste strutture. Quanto alla scuola, merita una riflessione il fatto che, seppur parliamo di dati abbastanza contenuti, più di 1 genitore su 5 sia convinto che i figli non ricevano informazioni in merito dal personale scolastico, mentre 1 su 3 sia convinto che la scuola non sia dotata di un sistema specifico per proteggere gli studenti da comportamenti inappropriati degli adulti (in Lazio lo pensa quasi 1 adulto su 2). L’assenza di procedure ad hoc a scuola è segnalata anche da un non irrisorio  22% dei ragazzi, con una situazione migliore in Emilia Romagna dove 9 ragazzi su 10 testimoniano la presenza di simili procedure. Quattro genitori su 10, inoltre, dicono che i propri figli non sono mai stati incoraggiati a segnalare episodi di questo tipo, a scuola così come nelle altre strutture, opinione condivisa dalla stessa percentuale dei ragazzi. Solo il 9% dei ragazzi e l’8% dei genitori può affermare di aver ricevuto materiale scritto con informazioni chiare da parte delle strutture frequentate dai minori, con il Veneto che si distingue in positivo con percentuali del 15% per gli adulti e il 14% per i ragazzi.

Il Manifesto in 10 punti promosso da Save the Children

Dall’adozione di un codice di condotta alla formazione di tutto il personale che opera con i bambini, dalla individuazione di una figura che gestisca le segnalazioni alla informazione dei minori e delle famiglie: questi alcuni dei passi attorno ai quali ruota il Manifesto in 10 punti promosso oggi da Save the Children. Le organizzazioni che sottoscrivono il Manifesto “10 in condotta!” intendono mettersi direttamente in gioco per rafforzare la prevenzione degli abusi a partire dai propri ambiti di intervento e, allo stesso tempo, promuovere la diffusione e l’applicazione di un sistema di tutela in tutto il Paese, anche nel rapporto con le istituzioni. Da segnalare il fatto che di recente – è il caso dei bandi sulla povertà educativa promossi dall’impresa sociale “Con i bambini” – l’adozione di un sistema di tutela (child safeguarding policy) è stata considerata un requisito essenziale per la partecipazione ad un bando per progetti dedicati ai minori.

“Nonostante sia cresciuta negli anni una sensibilità attorno al tema, ancora oggi chi dovrebbe cogliere i segnali di rischio spesso non è in grado di sapere come e a chi rivolgersi e troppi allarmi restano inascoltati. Vogliamo impegnarci – con il coinvolgimento di tutte le organizzazioni attive nella protezione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – nella realizzazione di un monitoraggio periodico e serrato del funzionamento di sistemi di tutela in tutti gli ambienti frequentati dai minori. Chiediamo alle istituzioni, nazionali e locali, che i sistemi di accreditamento e le procedure di affidamento di servizi educativi e ricreativi considerino l’attivazione di un sistema di tutela come requisito essenziale in tutti i servizi educativi e ricreativi. Allo stesso tempo, chiediamo che all’interno del sistema scolastico la tutela dei minori divenga un asse portante affinché ogni scuola sia sempre uno spazio di ascolto e di protezione per ogni bambino e bambina.  Una violazione non è mai un fatto privato e se riguarda un minore è più che mai una responsabilità etica, oltre che legale, degli adulti in posizione fiduciaria non averlo saputo prevenire”, ha concluso Raffaela Milano.

Hanno già aderito al Manifesto “10 in condotta!” ACLI Milano, Associazione Civitas Solis, Associazione EaSlab Laboratorio di Ricerca e Sperimentazione sull’Educazione allo Sviluppo, Associazione Gianfrancesco Serio, Associazione Kreattiva, Associazione Mama Happy – Centro Servizi Famiglie Accoglienti, Associazione e Cooperativa Sociale Vides Main onlus, A.P.S.  C.G.D. Napoli, Centro Tau, CIAI Centro Italiano Aiuti all’Infanzia, Cooperativa Sociale Antropos, Cooperativa Sociale E.D.I. Onlus, Cooperativa Sociale Equality, Cooperativa Itaca, Cooperativa Sociale Santi Pietro e Paolo, CSI Centro Sportivo Italiano, E.V.A. Società Cooperativa Sociale, Laboratorio Zen Insieme, Mitades APS, Oxfam, Pianoterra Onlus, UISP Unione Italiana Sport Per tutti, Fondazione Arché Onlus.

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