Nocera Inferiore: la Resilienza ci salva, tocca a noi scoprirla e applicarla

19
Advertisement

‘A capa è ‘na sfoglia ‘e cipolla. Però è utile andare a scoprire come e perchè. Settimana del  Benessere Psicologico, ieri appuntamento in Biblioteca Pucci con quattro esperte, che hanno relazionato dopo i saluti di Iacovino (padrona di casa), dell’assessore Fortino e della Pacelli (in rappresentanza della Polizia di Stato). Segnatevi i nomi. Potrebbero tornarci e tornavi utili: Olga Paola Zagaroli, Anna Palo, Raffaella Pulente e Paola Lione. La resilienza. Diversa dalla resistenza. A volte salva l’esistenza e ti fa capire l’essenza. E dopo la vagonata di rime, ecco la derivazione: dal latino “resalio”, capacità di risalire sulla barca rovesciata. La nostra vita di quante barche rovesciate è fatta ? Ae, se se (non rispondete pubblicamente ma fatevi il conto). In psicologia, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. La resilienza si allena da bambini, serve una rete sociale oltre alla famiglia. Spesso i traumi, maltrattamenti e abusi lasciano il segno. Ma non solo i maltrattamenti. La bipolarità, il quasi border line, nasce spesso da traumi infantili. La sfera della sessualità incide: risolvendo problemi in tal senso, è più facile risalire dicono gli esperti. Nascondersi, omosessualità o disfunzioni, peggiora la situazione psicologica e fa aumentare i rischi di patologie legate alla sofferenza di fondo (lo dicono le statistiche). Sono stati fatti esempi storici e attuali di resilienti famosi: la Rame, violentata dai fascisti, Edison, inventore della lampadina dopo essere stato cacciato da scuola da bambino, l’Atzori che balla senza braccia. Aggiungerei calcisticamente Bernardini: nel 1934 Pozzo lo fece fuori dalla Nazionale che avrebbe vinto due mondiali dicendogli “sei più bravo degli altri, li metti in difficoltà”. Nel 1995 scrisse la Emiliani: la resilienza è ridare senso alla nostra vita eliminando il patologico. Aggiunte: mettere il passato nel passato e basta, capire che resilienti non si nasce ma si diventa, che esistono traumi con la T maiuscola o t minuscola (come il film di Troisi a proposito dei miracoli). Le tecniche? Nei paesi anglosassoni è già moda. In Italia sta crescendo l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing ), ossia la Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari: non si tratta di un giochetto alla Silvan o alla Casella, anche se assomiglia all’ipnosi: agisce sull’origine che ha generato il malessere, desensibilizzando l’episodio traumatico e permettendone la rielaborazione in modo positivo. Le quattro psicologhe già la applicano, per chi volesse informarsi studio a Salerno. Le risorse di base vengono fornite, il resto lo fa il paziente-individuo-uomo-donna. Sulle carte d’identità del futuro magari si scriverà resiliente al posto di residente: un sogno (con questo governo…). Allo scrivente sovviene un consiglio preso anni fa da un signore sulla metropolitana napoletana: Dottò (un’esagerazione secondo i titoli di studio in possesso), la vita è come ve la immaginate in testa (in dialetto suona meglio, come la sfoglia di cipolla iniziale)

Advertisement